Sviluppato alla fine del 1989 ed
effettivamente lanciato all'inizio del 1990, quest'anno il
ransomware compie 35 anni. Il tipo di virus, che cripta i dati e
richiede un riscatto per il loro rilascio, è nato con il trojan
Aids e si è evoluto rapidamente, diventando una delle principali
preoccupazioni per la sicurezza informatica a livello globale
anche a causa dell'avvento dell'IA generativa, che rende più
semplice creare codice malevolo, senza grosse conoscenze
informatiche. Nel 2024, stando alle rilevazioni dell'agenzia di
sicurezza Cisco Talos, il ransomware ha causato perdite globali
per 1,1 miliardi di dollari, e fra giugno 2023 e giugno 2024 ha
costituito il 44% di tutti i casi segnalati dagli esperti. I
settori più colpiti sono stati la sanità, l'istruzione e i
servizi finanziari, con un'attenzione particolare verso la
produzione e le infrastrutture critiche. È bastato un floppy
disk creato dal dottor Joseph L. Popp per dare il via alla
storia del ransomware. Il primo, richiedeva alle proprie vittime
un riscatto tramite corrispondenza in cambio dei dati rubati.
Oggi, gruppi hacker organizzati e specializzati prendono di mira
aziende di ogni dimensione e settore, sfruttando anche
l'intelligenza artificiale, per colpire più a fondo e causare
perdite economiche ingenti. Il ransomware si diffonde attraverso
diverse tecniche, come email di phishing, vulnerabilità nei
software e attacchi alle reti aziendali. Una volta infettato un
sistema, cripta i dati rendendoli inaccessibili. I criminali
informatici richiedono quindi un riscatto, spesso in
criptovalute, in cambio della chiave. Come ricorda Cisco Talos,
pagare non garantisce il recupero dei dati, anzi può finanziare
ulteriori attività criminali. "Il ransomware ha un tallone
d'Achille: il backup. In caso di attacco e crittografia, è
possibile ripristinare le informazioni utilizzando una copia -
spiegano gli analisti - allo stesso tempo, il rafforzamento
delle difese software, i miglioramenti della rete e
l'aggiornamento delle patch sono fondamentali".
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