(di Barbara Marchegiani)
Andare verso la sterilizzazione degli
aumenti dei requisiti pensionistici legati all'aspettativa di
vita, attesa in salita: il ministro dell'Economia, Giancarlo
Giorgetti, esprime il suo orientamento rispetto al meccanismo.
Ma, al di là di questo, dopo il caso Inps, assicura che la
politica avrà "tutto il tempo" per fare le sue riflessioni e
quindi decidere, sulla base dei dati definitivi che darà
l'Istat.
Tutto questo presumibilmente a marzo, e non prima sulla base
di documenti tecnici. Per questo, spiega all'ANSA di aver dato
"indicazione alla Ragioneria di aspettare con i decreti
direttoriali. L'aumento è nelle prerogative della politica.
Questo è l'andamento che viene certificato dall'Istat e
dall'evoluzione demografica ma non c'è e non ci sarà - rimarca
Giorgetti - nessun decreto direttoriale finché la politica non
si esprimerà".
Posizione che dalla Lega rilancia il sottosegretario al
Lavoro e alle Politiche sociali, Claudio Durigon: "Ci
impegneremo a bloccare ogni inasprimento dei requisiti, se i
dati Istat dovessero evidenziare un aumento dell'aspettativa di
vita". D'altronde, ricorda che già nel 2019 il meccanismo è
stato bloccato. L'equilibrio del sistema previdenziale "non è
assolutamente a rischio e non richiede, né richiederà in futuro"
interventi né sull'età né sugli anni di contributi.
Ed è sulla sostenibilità del sistema che si sofferma anche
l'ultimo rapporto di Itinerari previdenziali, tracciando il
bilancio 2023 e guardando alle prospettive. Il rapporto tra
lavoratori e pensionati (i primi aumentati nell'anno a 23,754
milioni, i secondi a 16,230 milioni) sale a quota 1,4636, il
miglior valore della serie storica tracciata dallo studio.
Benché ancora al di sotto dell'1,5 già indicata come soglia
minima per la stabilità di medio-lungo termine, nel complesso
"il sistema regge e continuerà a farlo", a patto - sostiene - di
compiere, in un Paese che invecchia, scelte più oculate su
politiche attive per il lavoro, anticipi ed età di
pensionamento. Per prima cosa, afferma il presidente Alberto
Brambilla, "occorrerà un'applicazione puntuale dei due
stabilizzatori automatici previsti", tra cui l'adeguamento dei
requisiti di età e dei coefficienti di trasformazione
all'aspettativa di vita. Ma non dei contributi per la pensione
anticipata.
Sul bilancio intanto pesa sempre più l'assistenza. Nel 2023
l'Italia ha destinato a pensioni, sanità e assistenza 583,7
miliardi (+4,3% rispetto all'anno precedente). La spesa per
prestazioni previdenziali ammonta a 267,1 miliardi e vale il
12,55% del Pil (in linea con la media europea), restando
stabile. Invece per il capitolo assistenza sono 164,4 i miliardi
a carico della fiscalità generale, con una spesa che dal 2008
(quando ammontava a 73 miliardi) è cresciuta tre volte più
rapidamente di quella per pensioni. Il quadro tracciato dal
rapporto torna quindi a richiamare l'attenzione sulla necessità
di separare previdenza e assistenza, contenendo e
razionalizzando maggiormente quest'ultima.
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