(di Gioia Giudici)
Sfilano sulle note della struggente
"Dio, come ti amo" di Domenico Modugno, guardandosi intorno un
po' sperduti, su una passerella che non è solo quella tipica
della moda, ma quella che chiama così chiunque sia nato o
cresciuto sull'Adriatico, i modelli-non modelli chiamati a dar
corpo alla collezione Magliano per il prossimo inverno.
In una palestra di boxe al Corvetto, il quartiere del caso
Ramy, nella periferia sud di Milano, Luca Magliano - stilista
bolognese ormai uscito dalla nicchia degli emergenti -
ricostruisce il lungomare freddo e spoglio delle notti d'inverno
sull'Adriatico, quando la natura si riprende ciò che il turismo
estivo nasconde. Il posto ideale per mettere in scena quello che
il designer chiama "il minuto violento, quel qualcosa di
estremamente romantico e reale che ti riconnette alla verità
delle cose". "E' una ricerca intima, un momento languido"
aggiunge lo stilista, che ha tradotto la visione in capi dove
ciò che solitamente è intimo diventa scoperto, con i tessuti
come il crepe de chine o le coste di cotone che vanno a
ricoprire abiti e cappotti che aspirano al nudo, così come la
pelle viene svelata da tagli che sembrano volutamente fatti con
l'accetta, in un'"archeologia del romantico" che passa anche per
tocchi di ironia come il gioiello fatto con un apparecchio per i
denti, le borse doppiate con le mutande da uomo, i maglioni con
le macchinine da bambino, l'invito con le biglie che si usavano
per giocare in spiaggia. Una poesia che passa per la scelta di
un cast fatto non di modelli ma di persone, con le loro umanità
e le loro scelte, che si riflettono negli abiti. A partire dal
colletto della camicia, che sembra un ricamo, ma è un grande No
perché "siamo - conclude Luca Magliano - i no che diciamo" per
rimanere fedeli a noi stessi.
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