Resta a Torino il procedimento
giudiziario avviato dalla procura del capoluogo piemontese su
presunti casi di dossieraggio illegale in cui compare anche la
Kerakoll, azienda di prodotti per edilizia di Sassuolo leader
nel settore delle ceramiche e dell'edilizia. Oggi la gup Manuela
Accurso Tagano, all'apertura dell'udienza preliminare, ha
respinto la richiesta presentata dai difensori di alcuni dei 21
imputati di trasferire le carte in Emilia.
Fra le persone chiamate in causa compaiono Riccardo Ravera,
63 anni, carabiniere in congedo che nel 1993, con il nome in
codice di 'Arciere', fece parte della squadra che catturò Totò
Riina; Andrea Remotti, 58 anni, ex amministratore delegato di
Kerakoll, e Gabriele Pegoraro, 49 anni, ingegnere esperto in
informatica, il cui nome compare anche in un'inchiesta su
questioni analoghe condotta dalla Procura di Milano.
La gup ha poi dichiarato l'inutilizzabilità di una mole di
email e chat acquisite dalla procura nel corso delle indagini.
La giudice si è basata su una pronuncia del 2023 della Corte
Costituzionale sul concetto di "corrispondenza" (la cosiddetta
'sentenza Renzi' in un procedimento in cui l'ex premier era
indagato a Firenze) e ha ribadito che, in questi casi, per
procedere a un sequestro occorre un provvedimento motivato
dell'autorità giudiziaria. Secondo uno degli avvocati difensori,
Fabrizio Siggia, il provvedimento "investe una parte
preponderante del materiale, tanto che per quel che ci riguarda
ora non c'è più niente". Durante le indagini la Cassazione era
già intervenuta annullando una serie di sequestri che però, in
seguito, la procura aveva ripetuto. L'avvocato Siggia è il
legale di Riccardo Ravera, carabiniere in congedo che, con il
nome in codice di Arciere, nel 1993 fece parte della squadra che
catturò Totò Riina. In aula ha sollevato un'altra questione,
relativa alle modalità con cui la procura prelevò non meno di 14
mila messaggi di posta elettronica riconducibili all'account di
Ravera. A suo giudizio era necessario inoltrare una richiesta a
Google tramite rogatoria: in assenza di questo passaggio non è
da escludere che gli investigatori abbiano aggirato il problema
utilizzando indebitamente la password di Ravera. La giudice non
si è pronunciata perché la corrispondenza, considerata
irrilevante, non è stata inserita nel fascicolo processuale. In
ogni caso la procura afferma che si è trattato di normali
operazioni di copia forense che sono state debitamente messe a
verbale.
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