Dopo l'edizione discografica de Il
Tamerlano di Antonio Vivaldi di un paio di anni fa, Ottavio
Dantone e la sua Accademia Bizantina hanno portato in teatro
quel fortunato progetto ottenendo alle prime due recite al
Teatro Alighieri di Ravenna, capofila di una serie di enti
coproduttori, un ottimo successo di pubblico. Ciò testimonia
anche il bel momento che l'opera barocca italiana sta vivendo. E
seppure questo "pasticcio" vivaldiano, che mette assieme numeri
dello stesso "prete rosso" e di altri compositori suoi
concorrenti (Broschi, Hasse, Giacomelli) non ha il fascino o lo
smalto di opere come l'Alcina di Haendel o l'Orlando Furioso
dello stesso Vivaldi, recentemente allestiti a Firenze e a
Verona, mostra però in maniera evidente tutta "l'abilità di
scrittura del compositore veneziano fatta di suadenti soluzioni
melodiche, armoniche e ritmiche" ben restituite dal complesso
strumentale diretto da Ottavio Dantone dal clavicembalo e
splendidamente interpretato dai sei protagonisti.
A partire dal personaggio del titolo affidato al controtenore
Filippo Mineccia, ai baritoni Bruno Taddia e Gianluca Margheri,
alternati nel ruolo di Bajazet, il contralto Delphine Galou
(Asteria), il controtenore Federico Florio (Andronico), il
mezzosoprano Marie Lys (Irene) e il soprano Giuseppina Bridelli
(Idaspe). E se tutti hanno ampiamente meritato le ovazioni del
pubblico che ha gremito l'Alighieri, un plauso particolare va a
Marie Lys che nell'aria più celebre dell'opera, "Sposa son
disprezzata" e in quella finale, ha esibito duttilità nella
voce, eleganza nel fraseggio e classe di interprete. La messa in
scena di Stefano Monti (regia, scene e costumi) è stata giocata
tutta sui toni scuri, a partire dal nero degli elegantissimi
abiti (che non ha aiutato molto nella definizione dei ruoli),
con l'ausilio ormai abusato di filmati a puntualizzare alcuni
momenti dell'intricata vicenda, fatta di amori e troni usurpati.
Ma ciò che ha caratterizzato l'allestimento è stato l'aver
doppiato tutti i protagonisti con altrettanti ballerini (quelli
della DaCru Dance Company) con le coreografie di Marisa Ragazzo
e Omid Ighani, con effetto sicuramente suggestivo, ma alla lunga
stucchevole.
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