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Dieci anni senza Gae Aulenti "architetto geniale"

Dieci anni senza Gae Aulenti "architetto geniale"

Poliedrica e anticonformista nel racconto di Annarita Briganti

ROMA, 30 ottobre 2022, 09:53

Redazione ANSA

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(di Silvia Lambertucci) "L'architettura è un mestiere da uomini ma ho sempre fatto finta di nulla", raccontava nella maturità Gae Aulenti, lei che nella professione aveva macinato incarichi prestigiosi, premi, fama internazionale. E spesso anche polemiche, di cui per principio non si curava, così come non si lasciava ingabbiare e incasellare dal genere, dalle difficoltà della vita, le crisi sentimentali, la malattia. Renzo Piano, che le voleva bene, la definiva "una leonessa", Aldo Rossi, che con Vittorio Gregotti e Giancarlo De Carlo aveva condiviso con lei il lavoro nella redazione di Casabella, la citò nel suo discorso di ringraziamento per il Pritzker, il premio Nobel degli architetti. E pazienza se lei, chissà, forse proprio perché donna in un mestiere dominato dai maschi, quel riconoscimento così prestigioso non lo ebbe mai. A Milano c'è comunque una grande e bella piazza che oggi porta il suo nome. E per tutti lei è "l'architetto geniale".
    A dieci anni dalla morte (Milano 31 ottobre 2012) Annarita Briganti, giornalista e scrittrice, ritrova la memoria della grande progettista milanese in un tour dei suoi luoghi e dei suoi affetti. Non un saggio e in fondo nemmeno una biografia, a dispetto della narrazione che pure segue l'architetto, come lei ha sempre voluto essere chiamata, dalla nascita nel 1927 in Friuli in una famiglia meridionale (il suo nome all'anagrafe è Gaetana) fino alla morte nell'amata casa di Brera, pochi giorni dopo aver ricevuto dalla Triennale una medaglia alla carriera.
    Scritto quasi come un diario intimo, GAE AULENTI. RIFLESSIONI E PENSIERI SULL'ARCHITETTO GENIALE (Cairo Editore) è piuttosto un lavoro di scavo e di inchiesta, anche emozionale, tra i mille progetti affrontati negli ambiti più diversi della professione dall'architetta che ha sempre rifiutato di scegliere e di specializzarsi, come facevano allora i suoi colleghi. Perché dal design di mobili e di oggetti alle case, dai grandi edifici ai musei, le piazze, le stazioni della metro, le scenografie teatrali, Aulenti nella sua vita ha davvero fatto di tutto, sempre rivendicando il diritto a seguire ogni suo interesse.
    "Penso che sia una condizione femminile", spiegava, "Una scelta che ti fa preferire le cose più nel profondo invece che in superficie, che ti fa preferire il sapere al potere". Così, di pagina in pagina, questo viaggio alla scoperta della professionista e dei segni che ha lasciato nel mondo diventa, complici le tante testimonianze di chi l'ha conosciuta e amata, anche una riflessione sulla donna, o meglio sulla 'persona' che è stata, con la sua fortissima personalità, l'architetto Gae Aulenti. Grande viaggiatrice "non per turismo", come precisava sempre, formata negli anni '50 con un'etica del lavoro che si ritrova nello sguardo su ogni cosa, l'orrore delle macerie che le era rimasto negli occhi da un'adolescenza trascorsa sotto la guerra. "Scegliere l'architettura è anche un modo per fare resistenza, di opporsi a chi distrugge", ripeteva Gae che aveva fatto anche la staffetta.
    Sempre indipendente, legatissima alla famiglia e nello stesso tempo capace di cancellare senza ripensamenti un grande amore che l'aveva tradita (Carlo Ripa Di Meana che le preferì Marina Lante della Rovere). A suo agio nei salotti del potere, amica degli Agnelli, di Raul Gardini, dei Pirelli. Ma anche voce critica della società, sempre impegnata politicamente, e a sinistra, "perché prima siamo cittadini e poi architetti". Dai musei ai mobili, molti dei suoi progetti hanno contribuito a fare la storia del Novecento, alcuni conosciutissimi come il Musée d'Orsay a Parigi, che le valse la Legion d'honneur, o come la lampada Pipistrello disegnata nel '65, o ancora il tavolino di vetro con le ruote che rimane un'icona degli anni '80, senza dimenticare Palazzo Grassi a Venezia, le Scuderie del Quirinale a Roma e piazzale Cadorna a Milano, che appunto porta il suo nome.
    A Brera il suo appartamento pieno di rosso ne accoglie oggi l'archivio. Lo gestisce con piglio l'architetta Nina Artioli, la nipote che ne ha seguito le orme. Anche in questo Gae ha lasciato il segno.
   

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