(di Silvia Lambertucci)
"L'architettura è un mestiere da
uomini ma ho sempre fatto finta di nulla", raccontava nella
maturità Gae Aulenti, lei che nella professione aveva macinato
incarichi prestigiosi, premi, fama internazionale. E spesso
anche polemiche, di cui per principio non si curava, così come
non si lasciava ingabbiare e incasellare dal genere, dalle
difficoltà della vita, le crisi sentimentali, la malattia. Renzo
Piano, che le voleva bene, la definiva "una leonessa", Aldo
Rossi, che con Vittorio Gregotti e Giancarlo De Carlo aveva
condiviso con lei il lavoro nella redazione di Casabella, la
citò nel suo discorso di ringraziamento per il Pritzker, il
premio Nobel degli architetti. E pazienza se lei, chissà, forse
proprio perché donna in un mestiere dominato dai maschi, quel
riconoscimento così prestigioso non lo ebbe mai. A Milano c'è
comunque una grande e bella piazza che oggi porta il suo nome. E
per tutti lei è "l'architetto geniale".
A dieci anni dalla morte (Milano 31 ottobre 2012) Annarita
Briganti, giornalista e scrittrice, ritrova la memoria della
grande progettista milanese in un tour dei suoi luoghi e dei
suoi affetti. Non un saggio e in fondo nemmeno una biografia, a
dispetto della narrazione che pure segue l'architetto, come lei
ha sempre voluto essere chiamata, dalla nascita nel 1927 in
Friuli in una famiglia meridionale (il suo nome all'anagrafe è
Gaetana) fino alla morte nell'amata casa di Brera, pochi giorni
dopo aver ricevuto dalla Triennale una medaglia alla carriera.
Scritto quasi come un diario intimo, GAE AULENTI. RIFLESSIONI E
PENSIERI SULL'ARCHITETTO GENIALE (Cairo Editore) è piuttosto un
lavoro di scavo e di inchiesta, anche emozionale, tra i mille
progetti affrontati negli ambiti più diversi della professione
dall'architetta che ha sempre rifiutato di scegliere e di
specializzarsi, come facevano allora i suoi colleghi. Perché dal
design di mobili e di oggetti alle case, dai grandi edifici ai
musei, le piazze, le stazioni della metro, le scenografie
teatrali, Aulenti nella sua vita ha davvero fatto di tutto,
sempre rivendicando il diritto a seguire ogni suo interesse.
"Penso che sia una condizione femminile", spiegava, "Una scelta
che ti fa preferire le cose più nel profondo invece che in
superficie, che ti fa preferire il sapere al potere". Così, di
pagina in pagina, questo viaggio alla scoperta della
professionista e dei segni che ha lasciato nel mondo diventa,
complici le tante testimonianze di chi l'ha conosciuta e amata,
anche una riflessione sulla donna, o meglio sulla 'persona' che
è stata, con la sua fortissima personalità, l'architetto Gae
Aulenti. Grande viaggiatrice "non per turismo", come precisava
sempre, formata negli anni '50 con un'etica del lavoro che si
ritrova nello sguardo su ogni cosa, l'orrore delle macerie che
le era rimasto negli occhi da un'adolescenza trascorsa sotto la
guerra. "Scegliere l'architettura è anche un modo per fare
resistenza, di opporsi a chi distrugge", ripeteva Gae che aveva
fatto anche la staffetta.
Sempre indipendente, legatissima alla famiglia e nello stesso
tempo capace di cancellare senza ripensamenti un grande amore
che l'aveva tradita (Carlo Ripa Di Meana che le preferì Marina
Lante della Rovere). A suo agio nei salotti del potere, amica
degli Agnelli, di Raul Gardini, dei Pirelli. Ma anche voce
critica della società, sempre impegnata politicamente, e a
sinistra, "perché prima siamo cittadini e poi architetti". Dai
musei ai mobili, molti dei suoi progetti hanno contribuito a
fare la storia del Novecento, alcuni conosciutissimi come il
Musée d'Orsay a Parigi, che le valse la Legion d'honneur, o come
la lampada Pipistrello disegnata nel '65, o ancora il tavolino
di vetro con le ruote che rimane un'icona degli anni '80, senza
dimenticare Palazzo Grassi a Venezia, le Scuderie del Quirinale
a Roma e piazzale Cadorna a Milano, che appunto porta il suo
nome.
A Brera il suo appartamento pieno di rosso ne accoglie oggi
l'archivio. Lo gestisce con piglio l'architetta Nina Artioli, la
nipote che ne ha seguito le orme. Anche in questo Gae ha
lasciato il segno.
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