"Questa è un'altra botta per noi
familiari e il nostro sangue si fa ancora più amaro. Quello che
dispiace è che queste figure politiche sono quelle che avrebbero
dovuto tutelare tutti noi cittadini". Così Francesco D'Angelo,
fratello del cameriere del resort morto nel disastro dell'Hotel
Rigopiano di Farindola (Pescara), commenta l'archiviazione di 22
indagati, nell'ambito dell'inchiesta madre, disposta ieri dal
gip del tribunale di Pescara Nicola Colantonio.
Usciti di scena, tra gli altri, gli ex presidente della
Regione e gli ex assessori regionali alla Protezione Civile,
restano 25 imputati nel procedimento madre e 7 imputati nel
procedimento bis per il presunto depistaggio. Procedimenti che
nell'udienza del prossimo 13 dicembre saranno riuniti dal gup
Gianluca Sarandrea.
"Andiamo avanti, non ci fermeremo qui - prosegue Francesco
D'Angelo - non ci fermeremo alla prima sconfitta di questa
battaglia e anzi proseguiremo a testa alta per avere verità e
giustizia". Proprio le richieste d'aiuto del fratello Gabriele,
inviate dall'albergo poche ore prima della valanga, hanno dato
vita all'inchiesta per depistaggio.
"A breve saranno tre anni dalla tragedia - conclude D'Angelo
- con ancora tanto dolore dentro di noi".
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