Dieci deputati della
coalizione di centrodestra Chile Vamos hanno presentato una
richiesta alla Corte costituzionale contro la senatrice del
Partito socialista del Cile, Isabel Allende, affinché sia
destituita dal suo seggio parlamentare dopo il fallito acquisto
da parte dello stato della casa familiare dell'ex presidente
Salvador Allende.
"Al momento di esercitare il suo incarico il 30 dicembre
(scorso), la senatrice ha partecipato alla vendita di un
immobile di cui era proprietaria insieme ad altre persone
affinché fosse acquistato dallo stato (rappresentato dal fisco
cileno) a conoscenza o meno della presenza di un divieto
costituzionale esplicito", si legge nel documento presentato
oggi che si riferisce all'articolo 60, secondo comma, della
Costituzione del Cile, che impedisce ai parlamentari di
stipulare contratti con lo stato mentre esercitano le loro
funzioni.
Lunedì scorso a ricorrere alla Corte costituzionale per
rimuovere Allende era stato il gruppo parlamentare del Partito
Repubblicano, di estrema destra, il cui candidato presidenziale,
José Antonio Kast, sta considerando di presentare un'accusa
costituzionale anche contro la ministra della Difesa Maya
Fernández Allende, nipote di Salvador Allende, l'altra autorità
coinvolta nel contratto di vendita sfumato.
A difesa di entrambe le autorità, oggi si è espressa la
ministra dell'Interno, Carolina Tohá, che ha sottolineato la
loro carriera impeccabile, chiarendo che gli errori
nell'operazione sono stati ammessi e corretti subito. "I
dettagli di quanto accaduto qui e le persone coinvolte sono ben
noti: sono persone rette, che hanno sempre agito in buona fede",
ha detto.
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