Israele apre un nuovo fronte di guerra: il premier Benyamin Netanyahu ha ordinato all'esercito di "distruggere le infrastrutture Houthi" in Yemen, che all'indomani dell'ennesimo attacco minacciano di continuare a bersagliare lo Stato ebraico.
"Ho dato istruzioni alle nostre forze di distruggere le infrastrutture degli Houthi perché chiunque cerchi di farci del male verrà colpito con tutta la forza. Continueremo a schiacciare le forze del male con forza e ingegnosità, anche se ci vorrà tempo", ha detto Netanyahu davanti alla Knesset. Sabato scorso, in piena notte, i missili intercettori israeliani non sono riusciti ad abbattere un missile che ha colpito un parco di Tel Aviv, danneggiando le case vicine e ferendo 23 persone, tra le quali anche una bimba di tre anni. Il secondo attacco in pochi giorni.
"Come abbiamo agito contro i terroristi iraniani, agiremo con forza e determinazione" contro gli Houthi, aveva ammonito a caldo Netanyahu ricordando che gli israeliani "non sono soli".
Chiaro il riferimento ai caccia americani, che poche ore dopo hanno bombardato un impianto di stoccaggio missilistico e una struttura di comando e controllo nella capitale yemenita Sanaa sotto il controllo dei ribelli sciiti. Raid che non hanno impedito ai miliziani di lanciare oggi altri due droni contro Israele: attacchi che continueranno, ha detto il portavoce militare degli Houthi, Yahya Saree, "finché non sarà finita la guerra nella Striscia di Gaza".
Con gli Stati Uniti di Donald Trump, Netanyahu ha inoltre detto ai parlamentari israeliani di voler "estendere gli Accordi di Abramo, cambiando così in modo ancor più radicale il volto del Medio Oriente". Con il conflitto a Gaza, "i Paesi arabi moderati - ha continuato alla Knesset - vedono Israele come potenza regionale e un potenziale alleato. Io intendo cogliere questa opportunità fino in fondo". All'orizzonte si profila un'intesa con Hamas tanto che, seppure con prudenza, il premier ha evocato "alcuni progressi" nei negoziati per il rilascio degli ostaggi. Secondo le ultime indiscrezioni l'accordo è vicino, lo sostiene anche Hamas, con ancora alcuni nodi da sciogliere tra cui la presenza militare israeliana nel corridoio di Filadelfia lungo il confine con l'Egitto.
Nel frattempo però nella Striscia si continua a morire: almeno 58 persone sono state uccise dai raid israeliani nelle ultime 24 ore, hanno denunciato le autorità sanitarie locali. Il bilancio delle vittime negli oltre 14 mesi di offensiva israeliana, seguita all'attacco di Hamas del 7 ottobre 2023, sale così a 45.317 morti. L'Idf ha invece annunciato la morte di tre soldati nel nord della Striscia, che portano a 389 il numero dei militare uccisi dall'inizio della guerra a Gaza.
E mentre cresce la pressione su Tel Aviv per accelerare il ritiro dal Libano - da ultimi lo hanno chiesto il premier libanese Najib Mikati e l'Unifil -, il sultano di Ankara, Recep Tayyp Erdogan, alza la voce e ammonisce che "l'integrità territoriale della Siria deve essere rispettata, per la Turchia questa è una linea rossa". Secondo il leader turco, "dietro la crescente aggressività israeliana c'è la volontà di oscurare la rivoluzione in Siria e soffocare le speranze del popolo siriano". Insomma, "Israele dovrà lasciare tutte queste terre che ha occupato".
A Damasco intanto è una girandola diplomatica: Ahmed al-Sharaa, che ha abbandonato il nome di battaglia di al Jolani, ha incontrato gli emissari della Giordania, del Qatar e dell'Arabia Saudita. Nella capitale siriana è arrivata anche una missione da Roma. L'Italia vuole "essere parte attiva della riunificazione della situazione della Siria, della pacificazione e della stabilizzazione", ha detto il ministro degli Esteri, Antonio Tajani.
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