La guerra del gas, effetto
collaterale dell'invasione russa dell'Ucraina, presenta il conto
anche a Gazprom. Il colosso statale dell'energia russo sta
valutando il taglio di 1.600 dipendenti presso il suo quartier
generale di San Pietroburgo dopo che il suo bilancio ha dovuto
assorbire l'impatto della chiusura dell'Europa alle sue
esportazioni di gas e quello delle sanzioni alla vendita di
petrolio.
Lo scorso 23 dicembre la vicepresidente Yelena Ilyukhina ha
proposto al ceo Alexei Miller di tagliare da "più di 4.100" a
"2.500" i dipendenti della sede di San Pietroburgo. "Le sfide
che il gruppo Gazprom sta affrontando" richiedono "un
accorciamento dei tempi di decisione, l'eliminazione delle
funzioni ridondanti e il rafforzamento del focus dei dipendenti
sui risultati", si legge nella lettera circolata sui canali
Telegram e poi confermata ai media da un portavoce di Gazprom.
Nel 2023 Gazprom ha chiuso il bilancio con un rosso di 6,9
miliardi di dollari, il primo in oltre vent'anni, per effetto
del crollo delle esportazioni verso l'Europa, un tempo uno dei
principali mercati di esportazione per la Russia, e senza
riuscire a ridirigere in modo significativo i suoi flussi verso
altri Paesi.
E dal primo gennaio 2025 sono stati interrotti anche gli
ultimi flussi destinati al Vecchio Continente, dopo che Kiev non
ha rinnovato l'accordo che consentiva il transito sul suo
territorio del gas russo destinato all'Austria e ad alcuni Paesi
dell'Est Europa.
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