Lavorando sul territorio abbiamo
trovato "ancora ferite molto aperte, non me l'aspettavo. C'è
ancora la necessità da parte di molti di avere risposte, ci sono
divisioni ancora molto forti". Lo spiega la regista Tiziana
Aristarco, parlando del film tv da lei diretto La Rosa
dell'Istria, con, fra gli altri, Andrea Pennacchi, l'esordiente
Gracjela Kicaj, Clotilde Sabatino, Costantino Seghi e Eugenio
Franceschini che debutterà su Rai 1 in prima serata il 5
febbraio, poco prima del Giorno del Ricordo, in memoria delle
vittime delle foibe e dell'esodo giuliano-dalmata. Il racconto,
liberamente ispirato al romanzo "Chi ha paura dell'uomo nero?"
di Graziella Fiorentin (Corbaccio) affronta il tema attraverso
il dramma famigliare degli istriani Braico, che di fronte ai
crescenti pericoli seguiti all'armistizio del '43 in Italia, con
le truppe del maresciallo Tito intenzionate ad annettere
l'Istria alla Jugoslavia, decidono di lasciare la propria terra
per trovare rifugio in Friuli.
"È un'altra tappa nel ventaglio di racconti che vogliamo fare
del nostro Paese nel segno di una memoria condivisa, anche
perché vediamo come certe tragedie anche oggi si ripetono -
spiega in conferenza stampa la direttrice di Rai Fiction Maria
Pia Ammirati, che respinge l'idea il film tv sia riflesso della
cosiddetta Telemeloni' -. Escludo l'idea che ci sia stato dietro
un pensiero di costruzione di una nuova narrazione. Anche perché
abbiamo cominciato a scrivere tre anni fa". È "importante
raccontare anche parti di storia che sono state ancora
abbastanza raccontate".
La Rosa dell'Istria, coprodotto da Rai Fiction Publispei e
Venicefilm, inserisce la grande storia, in una chiave "che la
rende volutamente accessibile al pubblico più ampio possibile,
quella del romanzo popolare" aggiunge Ammirati. Così seguiamo
l'esodo della famiglia Braico, segnato proprio all'inizio dal
destino del figlio maggiore, Nicolò. Il capofamiglia, Antonio,
medico (Pennacchi), porta la moglie e i due figli, la 18enne
Maddalena, talentuosa pittrice e il figlio più piccolo Saulo,
prima in Friuli, poi in Veneto, tra spaesamento, pregiudizi,
difficoltà economiche e nuovi inizi.
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