(di Nicola Pirrone)
In occasione del 50esimo
anniversario della fondazione della Gam, la Galleria d'Arte
Moderna di Bologna nata nel 1975 alle porte del quartiere
fieristico su disegno dell'architetto Leone Pancaldi, il MAMbo
Museo d'Arte Moderna di Bologna, naturale evoluzione di
quell'esperienza, ha allestito la mostra collettiva "Facile
ironia. L'ironia nell'arte italiana tra XX e XXI secolo", curata
da Lorenzo Balbi e Caterina Molteni, nell'ambito di Art City
Bologna 2025.
L'esposizione, che ha come sponsor il Gruppo Hera, è stata
pensata per gli spazi della Sala delle Ciminiere e, dopo
l'inaugurazione del 5 febbraio alle 18, sarà aperta fino al 7
settembre. Più di 100 opere e documenti d'archivio di 79
artisti, tra cui molte donne, presentati attraverso un arco
temporale di circa settant'anni, dagli anni Cinquanta a oggi,
proponendosi di ripercorrere la storia dell'arte italiana
attraverso il tema dell'ironia.
"In un percorso che abbraccia generazioni e linguaggi - ha
spiegato Balbi alla presentazione - la mostra rivela come questo
dispositivo espressivo sia stato utilizzato per scardinare
convenzioni, mettere in crisi certezze e offrire nuove
prospettive di lettura della realtà. L'ironia è uno strumento
complesso, mai neutrale, capace di destabilizzare e trasformare,
proprio come ha fatto l'arte negli ultimi decenni, assumendo il
ruolo di una vera e propria strategia critica e immaginativa".
Nel percorso espositivo si potranno cogliere il potere
immaginativo di Bruno Munari, l'irriverenza di Piero Manzoni, il
paradosso di Gino De Dominicis, l'intreccio con la sfera
politica di Piero Gilardi e Michelangelo Pistoletto, la sfida
agli stereotipi femminili di Tomaso Binga e Mirella Bentivoglio
e il nonsense di Adriano Spatola e Giulia Niccolai. Un modo,
quello di Facile Ironia, di ripercorre la storia dell'arte
attraverso l'espediente critico e immaginativo dell'ironia
sviluppato in macroaree tematiche: il paradosso, il suo legame
con il gioco, l'ironia come pratica di nonsense e l'ironia come
arma femminista di critica al patriarcato e all'ordine sociale
italiano, e poi ancora la sua relazione con la mobilitazione
politica e l'ironia come forma di critica istituzionale. Ad
accogliere il visitatore la Mozzarella in carrozza di Gino De
Dominicis che traduce la nota pietanza in realtà ed esplicita il
primo cortocircuito linguistico dell'esposizione: il paradosso.
E poi, i lavori surreali di Giorgio De Chirico, le Sculture da
viaggio di Bruno Munari e gli arredi "inutili" di Carla Accardi,
fino ai lavori fumettistici degli Indiani Metropolitani firmati
da Pablo Echaurren. Senza dimenticare un video di Totò nudo a
rappresentare la fragilità dell'attore. "Un gioco, insomma - ha
aggiunto Molteni - come pretesto per ripensare le regole e i
media dell'arte".
Il progetto di allestimento, affidato a Filippo Bisagni,
legge l'architettura del Mambo in chiave anch'essa ironica,
rievocando il "fantasma rossiano", una struttura andata persa
durante i lavori di ristrutturazione della Sala delle Ciminiere
affidati ad Aldo Rossi (l'architetto che morì prima che i lavori
di ristrutturazione del Mambo fossero completati). La mostra è
accompagnata poi da un corposo catalogo edito da Società
Editrice Allemandi, con testi dei curatori e di alcuni ospiti.
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