I commenti e le critiche ai giudici sulla sentenza Delmastro innescano l'ennesima polemica tra toghe e governo, già ai ferri corti ormai da tempo su diversi temi, dalla riforma della giustizia al caso Almasri. Dopo le parole a caldo di ieri del presidente Cesare Parodi - "critiche pericolose, c'è rischio di condizionare chi giudica" - è la giunta dell'Associazione nazionale magistrati a prendere posizione, dicendosi "sconcertata" di fronte a quello che definisce il tentativo dell'esecutivo di "delegittimare una sentenza".
"Gravi" vengono definite le parole del ministro della Giustizia, Carlo Nordio, "in aperta violazione del principio di separazione dei poteri". Non si fa attendere la replica del diretto interessato, Andrea Delmastro. "Credo che le sentenze si possono anche commentare - le sue parole -, soprattutto quelle politiche che si commentano da sole. Credo che ci sia una sola categoria che rivendica il diritto a non essere commentata: quella degli ayatollah".
L'ira delle toghe esplode dopo le accuse dello stesso sottosegretario che ieri, a pochi minuti dalla sentenza di condanna a 8 mesi per rivelazione di segreto d'ufficio, aveva parlato di una "sentenza politica". Concetto poi ribadito da gran parte del governo, compreso un "addolorato e disorientato" Carlo Nordio che, addirittura, auspicava una "radicale riforma" della sentenza. "Credo che il fatto che i giovani magistrati possano essere condizionati da questo timore di essere giudicati per una lettura ideologica dei propri provvedimenti - la replica del neo-presidente dell'Anm, Cesare Parodi - sia un rischio enorme per la democrazia e per i cittadini".
Lo stesso numero uno dei magistrati ha tentato poi di smorzare i toni, affermando di coltivare ancora "la speranza che ci possa essere un dialogo assolutamente franco, leale e costruttivo" con il governo. "Vogliamo lasciare sempre aperta la porta - ha detto - per una comprensione reciproca. Io credo che sia un principio irrinunciabile".
Proprio per questo cresce l'attesa per l'incontro del 5 marzo con la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che ieri - commentando la sentenza - si era detta "sconcertata" confermando piena fiducia al sottosegretario. Un appuntamento che, ad oggi, è ancora in calendario. Ma che poi ci sia davvero è ancora tutto da vedere anche perché c'è un appuntamento prima che inasprirà ancor di più le tensioni: lo sciopero dei magistrati indetto per il 27 febbraio.
E' la seconda azione di protesta delle toghe contro la separazione delle carriere, dopo quella organizzata in occasione dell'apertura dell'anno giudiziario quando lasciarono l'aula con la Costituzione sotto braccio durante l'intervento del ministro Nordio. Giovedì prossimo i magistrati incroceranno le braccia contro la riforma della giustizia. L'iniziativa coinvolgerà tutti i distretti giudiziari dove saranno organizzati eventi di sensibilizzazione e discussione sulla riforma costituzionale. A Roma andrà in scena un flash-mob in piazza Cavour, sulla scalinata della Cassazione, durante il quale i magistrati, in toga, indosseranno una coccarda tricolore e mostreranno una copia della Costituzione italiana, "simbolo della difesa dell'ordine democratico". A seguire si terrà un'assemblea pubblica con la partecipazione di magistrati, esponenti della società civile ed esperti.
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