"Al momento dell'incendio, ero
appena uscito e mi chiamò un vicino di casa dicendo di tornare.
Dopo pochi minuti, l'edificio era già avvolto dalle fiamme. Il
mio appartamento era distrutto ed è andato perduto tutto quello
che avevo". Lo ha ricordato in aula Mirko Berti, proprietario
di una delle abitazioni della Torre dei Moro di Milano, durante
la testimonianza al processo a carico di 13 persone per disastro
colposo per il maxi rogo, senza vittime, del grattacielo di 18
piani che prese fuoco il 29 agosto del 2021.
Davanti al giudice Amelia Managò della sesta sezione penale,
Berti ha raccontato che abitava al sedicesimo piano del palazzo,
in un appartamento acquistato nel 2010 per circa 600mila euro.
"Dopo l'incendio - ha detto -, i costruttori non si sono mai
resi disponibili per un colloquio, si sono subito trincerati nel
silenzio. Siamo vittime di una situazione che ha sconvolto la
nostra vita, che ci ha portato via non solo cose materiali.
Abbiamo avuto danni enormi, anche lavorativi. È stato difficile
ripartire. Ancora oggi vado a casa e cerco cose che non ho più".
Il teste ha parlato dei pannelli Larson, prodotti
dall'azienda spagnola Alucoil e usati nelle facciate "a vela"
che, stando alle indagini della pm Marina Petruzzella, erano
"altamente infiammabili". "Ci avevano detto che erano
autopulenti - ha sottolineato - e invece, dopo qualche tempo,
erano diventati grigi. Si potevano lavare con panni bagnati e
strizzati, solo che non funzionava e anzi la situazione
peggiorava".
Oggi è stato sentito anche l'architetto Roberto Maccabruni,
consulente della Procura. Il tecnico ha affermato che
"inizialmente la torre prevedeva materiali in fibrocemento". Una
volta cambiato il materiale, "il progetto antincendio prevedeva
solo una nuda e cruda sezione in cui la facciata non si vedeva
proprio".
Secondo l'inchiesta, l'incendio partì da uno dei balconi del
palazzo a causa di una sigaretta accesa e il grattacielo si
trasformò in una "torcia".
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