Yusif Eyvazov torna al Teatro
Massimo di Palermo per cantare Otello di Giuseppe Verdi, il
penultimo capolavoro del genio di Busseto in scena dal 24
gennaio. A Palermo ha già cantato in Manon di Puccini e poi due
estati fa venne in concerto con il soprano che allora era ancora
sua moglie, Anna Netrebko. Oggi affronta il ruolo difficile in
una produzione di grande impatto, con la regia di Mario Martone,
di cui Eyvazov sembra entusiasta. "E' un regista colto,
sensibile, ma è anche un gentiluomo, pronto a rispettare tutte
le esigenze dei cantanti, è un artista che ascolta molto. La sua
regia è moderna, ma tutto ha un incedere logico, comprensibile.
Con lui avevo già lavorato alla Scala per l'Andrea Chenier".
Eyvazov nacque in Algeria ma già a 2 anni la famiglia si era
trasferita in Azerbaigian, dove il padre faceva l'ingegnere. E
anche Yusif studiò ingegneria fino a quando qualcuno notò la sua
voce. Poi a Milano per studiare e quelli furono anni di galera,
studiare di giorno e lavorare di notte. "Non faccio mistero dei
problemi e dei momenti bui che ho attraversato, ma la passione e
la volontà erano più forti dell'enorme stanchezza. Nella
carriera di ognuno di noi è buona cosa un pizzico di fortuna,
gli incontri al momento giusto, ma è lo studio che comanda e non
agli inizi, sempre. Io studio anche oggi, sempre, occorre
misurare la potenza e le possibilità della propria voce ma
ancora più importante è la testa, l'intelligenza. Molti cantanti
finiscono col rovinare la propria voce perché osano troppo". E a
proposito del suo matrimonio finito con la Netrebko lascia
intendere che "nella vita di tutti noi possono esserci momenti
difficili, può succedere di tutto, ma devi sempre avere il
coraggio di andare avanti. Abbattersi non ha alcun senso e
sapere che comunque la vita può riservarti altri momenti
meravigliosi". Insomma è l'opposto del generale Otello, vero?
"Sicuramente - sorride il tenore - ed è strano che un militare
capace di vincere tutte le sue battaglie, si riveli poi un uomo
insicuro, fragile, che si lascia irretire da quel demonio di
Jago. Quel fazzoletto era forse una prova? Ma le ragioni
dell'opera non sono mai quelle della vita. Con sofferenza però
notiamo come molti uomini cadano nella trappola mortale della
gelosia".
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