Il pubblico del Teatro delle Muse
di Ancona ha accolto con applausi ieri sera il debutto
dell'opera 'La tragédie de Carmen', realizzata nel 1981 dal
regista Peter Brook riadattando le musiche e la trama della
Carmen di Bizet assieme al compositore Marius Constant e al
drammaturgo Jean-Claude Carrière. Ridotta da tre atti ad uno
solo, eliminando le parti corali e il folclore spagnolo per un
organico orchestrale di soli 15 elementi, l'opera è stata
riproposta con la direzione di Natalia Salinas sul podio
dell'Orchestra Sinfonica 'G. Rossini' nella versione originale
in francese con dialoghi parlati, ma reinterpretata dalla
regista e coreografa Francesca Lattuada che ha voluto vedere in
Carmen non più, e non solo, la bella gitana che seduce il
brigadiere Don José, ma poi se ne stanca e lo lascia pagando con
la morte per mano di lui la sua scelta di libertà, ma una sorta
di figura mitica e archetipale che al di là di ogni tempo reale
incarna il potere dell'amore e della morte.
Sulla scena costruita da Lucio Diana, che cura anche le luci,
appare solo uno specchio opaco disegnato che fa da fondale e
acquista il colore necessario ai diversi momenti della storia,
il resto è uno spazio vuoto e nero con un pavimento rosso sangue
in cui agiscono i quattro cantanti: Martiniana Antonie (Carmen),
Diego Godoy (Don Josè), Lucrezia Drei (Micaela) e Gianluca
Margheri (Escamillo), assieme all'attore Filippo Gonnella per le
parti parlate di Zuniga, Lillas Pastia e Garcia, e a due
ballerine contorsioniste (Lise Pauton e Elodie Chan) che
rappresentano il prolungamento di Carmen, con l'apporto dei
bianchi costumi essenziali di Bruno Fratalot. Ma la trama, già
riadattata da Bizet nel 1875 sulla novella originaria di Merimée
del 1845 e in seguito ancora da Brook, appare nella regia di
Lattuada ancora più scarnificata ed eterea.
La storia d'amore tra i due protagonisti costellata di
omicidi da parte di Don Josè che uccide prima il suo capo,
l'ufficiale Zuniga che gli insidia l'amata, poi il marito di lei
Garcia, e infine la stessa Carmen, si trasforma in una sorta di
rito sacrificale ineluttabile, dove la donna nelle vesti bianche
di un'antica sacerdotessa conduce il gioco fatale da lei stessa
innescato.
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