Marisa Bacchioni, la madre del commercialista Marco Soracco nel cui studio a Chiavari (Genova) venne uccisa la segretaria Nada Cella il 6 maggio 1996, esce dal processo.
Lo ha deciso la Corte d'assise accogliendo la richiesta dell'avvocato Andrea Vernazza, legale della anziana donna. Il presidente Massimo Cusatti ha dichiarato "non doversi procedere per incapacità irreversibile".
Il processo per l'omicidio prosegue dunque per l'imputata principale, Anna Lucia Cecere, l'ex insegnante accusata di essere l'assassina materiale, e per Soracco accusato di favoreggiamento perché l'avrebbe coperta. La madre di Soracco era anche lei accusata di favoreggiamento per la sua presenza sulla scena dopo il delitto e per avere tra l'altro pulito il sangue della vittima sulle scale del palazzo priva dell'arrivo degli investigatori.
Anna Lucia Cecere "era arrabbiata col mondo", "si lamentava sempre che anche se aveva studiato da maestra doveva pulire le scale" e "conosceva Marco Soracco". E' quanto emerso dalla testimonianza di Adriana Berisso, ex vicina di casa di Cecere che già alcune settimane dopo l'omicidio aveva fatto il suo nome ai carabinieri. Chiedendo però di rimanere anonima per paura.
"All'epoca si sapeva benissimo chi comandava, il padre di Soracco era presidente della Democrazia Cristiana - ha spiegato la testimone -. Non ho firmato il verbale perché non volevo.
Mettetevi nei miei panni: Chiavari era gestita da certi personaggi. E la Cecere era sostenuta dalla Curia. Non volevo mettermi contro quel mondo. Ma io mi sentivo che dovevo dire quelle cose, la mia coscienza mi diceva di farlo".
Berisso ha spiegato tra l'altro: "Mia madre e la sua badante mi dissero che Cecere era molto arrabbiata perché era andata in studio di Soracco e Nada l'aveva trattata male. Lo disse impugnando una statuetta che aveva mia madre in casa e poi aggiunse 'Spaccherei la testa a tutte queste che vengono dalla campagna".
All'udienza sono stati sentiti anche i carabinieri che all'epoca indagarono per cinque giorni su Cecere e che trovarono cinque bottoni uguali nella sua abitazione.
In particolare Giuseppe Mariotta ha ricordato come fosse stata "fredda e impassibile durante la perquisizione". E soprattutto, che andarono dal pm dall'epoca per "chiedere di fare l'interrogatorio della donna. Ci disse che il quadro degli elementi indizianti non era un granché. Sostanzialmente Gebbia ci disse che non era il caso di continuare e di chiudere anche per non intralciare le altre indagini. Perché tanto da lì a poco ci sarebbe stata una svolta clamorosa".
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