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Clochard picchiati a Genova: intercettazioni incastrano i tre

ANSA/ Clochard picchiati Genova

Clochard picchiati a Genova: intercettazioni incastrano i tre

Pestaggio per punire 'tossico'.Moglie indagato,sangue non va via

GENOVA, 06 agosto 2015, 18:40

Redazione ANSA

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"Prima di finire dentro lo ammazzo quel pezzo di merda tossico del cazzo". Pietro Monteleone, uno dei tre genovesi arrestati perché ritenuti responsabili del pestaggio di due clochard nella stazione di Quinto avvenuto la notte del 17 giugno, non sa di essere intercettato ma, parlando al telefono con la madre, afferma di aver fatto "casino" a volto scoperto e sotto una telecamera e ha paura di "finire a Marassi", il carcere cittadino. Le intercettazioni sono contenute nell'ordinanza del gip che dispone i domiciliari per Monteleone, Manuel Ballotta e Luca Crosa accusati di aver compiuto quel pestaggio.
    La rabbia di Monteleone verso quel "tossico" che "non ha nemmeno il coraggio di dire perché è stato pestato" non si placa. Il motivo dell'aggressione è quello che il gip, nell'ordinanza di custodia cautelare che dispone gli arresti domiciliari per i tre definisce come un "comportamento moralmente riprovevole" tenuto da uno dei due clochard, che il pomeriggio precedente l'agguato si era iniettato una dose di eroina a pochi passi dai bambini che giocavano nei giardinetti.
    In quell'occasione sono Monteleone (che gestisce un chiosco bar) e Ballotta, proprietario dei 'gonfiabili' nella stessa zona, a litigare con uno degli homeless, Davide N.. Per questo sarebbero stati loro, secondo l'accusa, a ideare e organizzare la vendetta. Infatti quella notte, intorno all'una e trenta, vale a dire un'ora prima dell'aggressione, le telecamere di sorveglianza della stazione registrano un primo 'passaggio' di tre persone. Un sopralluogo cui partecipano Monteleone, Ballotta e un terza persona che è stata identificata dagli investigatori della squadra mobile come un amico dei primi due. Una volta verificato che i due senza tetto sono effettivamente nella sala d'attesa del binario 2 entrano in azione, portandosi dietro un altro amico, Luca Crosa. Crosa entra in stazione con in mano un oggetto simile a una catena di circa 50 cm e, per "evitare gli schizzi di sangue", si mette in testa un sacchetto di cellophane come confermato da una delle vittime e da un testimone, che dalla finestra vedrà il terzetto uscire dalla stazione. In base alla ricostruzione degli investigatori il primo a entrare è Monteleone, seguito a breve distanza da Crosa, mentre Ballotta non passa dall'ingresso: scavalca un cancello ed arriva direttamente sui binari. Poi inizia il pestaggio a cui, in base a quanto emerso finora dalle indagini, avrebbero partecipato attivamente Monteleone e Crosa, mentre Ballotta urlava e insultava i due clochard. In un'altra intercettazione Ballotta, parlando con un amico, dice che se fosse riuscito a "passarla" sarebbe andato in Olanda. E la moglie, sempre al telefono, gli dice che le scarpe che ha lavato "sono rimaste macchiate di sangue". Sono proprio le parole che gli indagati dicono dopo l'aggressione che denota l'"assoluta assenza di sentimenti di resipiscenza" e che convincono il gip a mettere i tre ai domiciliari per il rischio di reiterazione del reato.
   

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