Ovidio e le sue Metamorfosi, non solo
un indiscusso capolavoro (assoluto) della storia della
letteratura classica, ma anche un libro di straordinaria
attualità che racconta delle cose che si trasmutano come accade
oggi, "dai prodotti geneticamente modificati, agli esseri
clonati, uguali e insieme diversi". Così un poeta dalla
straordinaria lucidità come Valerio Magrelli racconta il poema
in una pubblica 'Lettura e commento' andata in scena per
Caracalla Off, al Teatro del Portico, interessante nuovo spazio
del già affascinante festival del Teatro dell'Opera di Roma nel
cuore delle monumentali rovine. "Di simili creature mutanti -
spiega ancora Magrelli - , anzi, di quelle creature mutanti che
presto tutti noi diventeremo, Ovidio è stato certo il massimo
profeta".
Magrelli, che con Ovidio condivide la capacità di tenere in
equilibrio il tono dell'ironia con quello della tragedia, fa sue
quelle pagine in cui sono narrate più di 250 trasformazioni per
raccontarne una quarantina, ma intervallate dal racconto del suo
rapporto personale con il poema. Una rilettura in cui lui, anche
professore ordinario di letteratura francese all'Università Roma
Tre, trova le radici della letteratura che da Ovidio ha preso
ispirazione: da Dante a Boccaccio con la cornice del suo
Decameron, fino a Baudelaire ed oltre. Non sceglie certo il
latino, la cui sintassi, spiega, per lui "è in tutto e per tutto
simile al cubo di Rubik, dove le facciate di colori diversi
rimangono sempre incastrate in un modo incomprensibile".
Sceglie una traduzione classica, quella di Enrico Oddone, e
fa rinascere in scena un pugno dei miti, dal Caos primigenio, a
Prometeo che crea l'uomo, da Apollo e Pitone ad Apollo e Dafne
solo per citare la partenza del racconto. In un vortice di
fragilità, che siano umane o divine, che toglie il fiato.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA