(di Michele Esposito)
Una transizione pacifica per uno
Stato sovrano e stabile ma non islamista. L'Europa è sbarcata a
Damasco per la prima volta dalla fine del regime di Assad e
attraverso i ministri degli Esteri di Francia e Germania si è
seduta al tavolo con il nuovo leader Ahmed al-Sharaa, conosciuto
comunemente come al-Jolani. A rappresentare i 27 e le
istituzioni comunitarie sono state la tedesca Annalena Baerbock
e il suo omologo francese Jean-Noel Barrot, esponenti dei due
Paesi europei forse con i maggiori legami, per tradizione
storica e presenza di rifugiati siriani, con il Paese
mediorientale.
Quella di Baerbock e Barrot è stata una visita breve ma zeppa
di appuntamenti. I due ministri hanno visto le più alte cariche
del nuovo governo guidato dagli ormai ex ribelli dell'Hayat
Tahrir al-Sham, e hanno fatto tappa nella famigerata prigione di
Saydnaya, simbolo della repressione politica targata Bashar
Assad. Barrot ha inoltre incontrato i rappresentanti della
comunità cristiana e Mazloum Abdi, leader delle Forze
Democratiche Siriane (Fds) dominate dai curdi. Una missione
densa, insomma, che ha avuto anche il marchio ufficiale di
Bruxelles. "I due ministri sono a Damasco in rappresentanza
dell'Ue e a mio nome. Il nostro messaggio alla nuova leadership
siriana: rispettare i principi concordati con gli attori
regionali e garantire la protezione di tutti i civili e delle
minoranze è della massima importanza", ha sottolineato su X
l'Alto Rappresentante per la Politica Estera Kaja Kallas.
L'Europa, quindi, muove i primi passi nella nuova Siria
guidata da al-Jolani, in un contesto ancora segnato dalla
precarietà, con gli Usa e non solo impegnati ad attaccare le
postazioni dell'Isis presenti sul territorio e Israele che
continua a occupare la zona cuscinetto sul Golan. Ed è in questo
contesto che l'Ue ha voluto assicurare una sponda politica e
soprattutto finanziaria, ma ad alcune condizioni. "L'Europa
sosterrà" la Siria nella sua transizione 'ma non finanzierà
nuove strutture islamiste. Questo non è solo nel nostro
interesse di sicurezza, ma anche quello che ho sentito ripetere
da molti siriani in Germania, e qui nella regione", ha spiegato
Baerbock, delineando una posizione che, dopo l'attentato a
Magdeburgo prima di Natale e quello a New Orleans a Capodanno è
destinata a rafforzarsi.
I dubbi sul fatto che la Siria possa trasformarsi in un regime
simil-talebano in Europa non sono ancora diradati. E su X sono
rimbalzate tra decine di commenti le immagini di al-Jolani che,
ricevendo i due ministri europei, si è limitato a stringere la
mano al francese Barrot perché di sesso maschile. La missione a
Damasco, allo stesso tempo, certifica la volontà dell'Ue di dare
un robusto credito alla nuova leadership siriana. "È con questa
mano tesa, ma anche con chiare aspettative, che ci rechiamo oggi
a Damasco: vogliamo sostenerli in un trasferimento di potere
inclusivo e pacifico, nella riconciliazione della società, nella
ricostruzione", ha spiegato Baerbock laddove Barrot ha aggiunto
la necessità di arrivare ad una "soluzione pacifica con i curdi,
alleati della Francia, affinché siano pienamente integrati in
questo processo politico".
Dall'altra parte, per al-Jolani il primo obiettivo è la fine
delle sanzioni europee e occidentali ancora in vigore contro
Damasco. A fine gennaio il tema potrebbe finire sul tavolo del
primo Consiglio Affari Esteri dell'Ue del 2025. E la sensazione
è che il consenso nei 27 per un graduale ammorbidimento delle
sanzioni possa allargarsi. La Siria, per l'Ue, ha una importanza
cruciale su almeno due fronti. Il primo, geopolitico, sta
nell'avvicinamento ad un territorio storicamente sotto l'egida
della Russia. Il secondo riguarda la migrazione e il rientro
volontario dei rifugiati. Finora, secondo l'Onu, più di 115mila
siriani sono tornati in patria. Numeri che, per gli assertori di
una Europa quasi totalmente chiusa ai migranti, andrebbero
incrementati.
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