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Frode da 127 milioni e riciclaggio via Cina, sequestro a Napoli

Frode da 127 milioni e riciclaggio via Cina, sequestro a Napoli

Scoperta da Guardia di Finanza e Procura di Napoli in 4 regioni

NAPOLI, 21 gennaio 2025, 10:30

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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Grazie a una complessa rete di 51 società "cartiere", 54 persone residenti tra Napoli e Caserta hanno messo a disposizione i loro servizi (fatturazioni di operazioni inesistenti) per consentire di evadere l'Iva a 34 ditte di pelletteria e calzature tra Toscana, Campania, Marche e Veneto.
    Una maxi evasione fiscale, da oltre 127 milioni di euro, e anche un sistema di riciclaggio che impiegava banche e cittadini cinesi residenti a Napoli, sono stati scoperti dai finanzieri dei Nuclei della Guardia di Finanza, Polizia Economico - Finanziaria di Pisa e Napoli nell'ambito di indagini coordinate della Procura di Napoli (pm Valentina Maisto e Giuseppe Riccio, terza sezione, criminalità economica, coordinata dal procuratore aggiunto Alessandro Milita).
    Gli inquirenti hanno chiesto e ottenuto dal gip di Napoli un decreto di sequestro per equivalente (di complessi aziendali, beni mobili ed immobili, tutti beni riconducibili agli indagati o nella loro disponibilità) nei confronti degli indagati che hanno consentito ai loro clienti di non pagare imposte per oltre 46 milioni di euro, dal 2019 al 2021. Gli investigatori contestano anche il riciclaggio, fino al 2024, per proprio conto e per conto di terzi, di oltre 81 milioni di euro. Complessivamente gli indagati sono 63.
    Le fatture false venivano pagate dai clienti mediante bonifici bancari che i principali indagati versavano su conti correnti di istituti di credito in Cina, sempre via bonifico, che rientravano in loro possesso grazie a cinesi residenti in Napoli due dei quali figurano tra gli indagati.
    E se le banche "attenzionavano" queste operazioni, il meccanismo di riciclaggio si modificava veicolando i bonifici prima su due società estere, una in Albania e l'altra in Croazia, dalle quali poi partivano i bonifici verso la Cina. In questo caso però le somme di denaro venivano restituite trattenendo una parte del dovuto quale profitto dell'intermediazione. Questi bonifici esteri non si basavano su reali operazioni commerciali: l'unico obiettivo, infatti, era svuotare continuamente i conti correnti aziendali, simulare inesistenti importazioni di merci dalla Cina e realizzare un'ingente provvista di denaro contante.
    Tra gli indagati figurano professionisti, intermediari e vari prestanome delle società cartiere il cui impiegato ha reso particolarmente complesso per gli inquirenti ricostruire i passaggi e i pagamenti delle merci dalle società "cartiere" a monte fino agli acquirenti a valle.
   

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