(di Adam Hanzelewicz)
Ha la 'capa tosta' abruzzese e la
modestia dei sudcoreani, tratti che le hanno permesso di
realizzare il sogno della sua vita, per raccontare, il fenomeno
letterario dell'anno, il premio Nobel Han Kang, di cui ha
tradotto dal coreano 'L'Ora di Greco' (Adelphi, 2023) e 'Non
dico addio' (Adelphi, 2024): lei è Lia Iovenitti, 51 anni,
originaria di Tempera, frazione della città dell'Aquila, ed è
prima di tutto una donna che si è fatta da sé e che ha fatto
delle scelte di vita importanti, in primis quella di emigrare in
un Paese, la Corea del Sud, che nel 1995 ospitava solo 230
italiani.
"L'interesse per l'Oriente - ricorda all'ANSA - nasce
banalmente dai manga e cartoni giapponesi: poi quando sono
arrivata lì con una borsa di studio mi sono appassionata sempre
di più, ho capito che quella era la mia strada. La decisione di
spostarmi in Corea aveva senso sia dal punto di vista affettivo
perché il mio fidanzato, poi diventato padre dei miei figli, era
coreano, sia dal punto di vista pratico perché c'erano più
opportunità. Uno dei motivi per cui mi è piaciuta è che i
coreani hanno un lato abruzzese: all'inizio sembra ci sia un
'muro', però una volta che ti accogliamo diventi uno di noi.
Sento più vicino a me il senso civico coreano, l'idea di
comunità, amo la loro generosità; d'altra parte mi manca la
convivialità italiana, lo stare insieme in modo non gerarchico.
Per esempio in Corea raramente ci si chiama per nome".
La Iovenitti ha fatto un percorso che l'ha portata prima a
laurearsi in lingue e letterature orientali (giapponese e
coreano) e poi a diventare interprete all'ambasciata italiana a
Seul: a 40 anni la decisione di rinunciare al posto fisso per
lanciarsi come agente di commercio nell'import-export - lavoro
che oggi le dà da vivere - e infine, dopo molti 'no grazie'
dalle case editrici, il coronamento del sogno della vita, quello
di diventare traduttrice, con all'attivo 12 libri in sei anni.
Già premiata come 'migliore traduttrice' del 2023 dal Governo
coreano, in Italia ha ricevuto, nello scorso maggio,
l'onorificenza di Cavaliere dell'Ordine della 'Stella d'Italia'
e il premio 'La Lettura' del Corriere della Sera per la migliore
traduzione 2024. "Quello che faccio - spiega - è il lavoro più
bello del mondo: quando mi siedo a tradurre per me è come
meditare, scompare tutto e io vivo proprio in quel mezzo in cui
le due culture si incontrano e mi sento utile; sento che è la
cosa per la quale sono nata".
Oltre che traduttrice e agente di commercio Lia è anche
mamma: ha una figlia di 26 anni, dottoranda in letteratura ad
Oxford e un figlio di 18 anni che studia Informatica ad
Eindhoven. Inoltre è figlia di Iole, insegnante in pensione
originaria di Pianola (L'Aquila), e Augusto, imprenditore in
pensione di Tempera, e sorella di Paolo e Federico. "Devo tutto
alla mia famiglia - racconta - per la libertà che mi hanno dato
di muovermi, e per la fiducia che hanno avuto in me, cosa che ti
rende fortissimo; e poi sapere di avere sempre un posto dove
tornare rende sicuri. Da mio padre ho imparato la mentalità di
lasciare la sicurezza per la libertà, questo per me ha contato
molto".
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