"La Riserva della Pineta
Dannunziana di Pescara costituisce un caso particolarissimo,
trattandosi di un'area protetta di piccole dimensioni
all'interno di un territorio urbanizzato. La esigua estensione
dei vari comparti non permette la presenza di piste tagliafuoco
in quanto la loro realizzazione, riducendo drasticamente la
superficie dei nuclei forestali e creando una rovinosa
frammentazione, innescherebbe un irreversibile processo di
estinzione delle stesse comunità vegetali". Parla il professore
Gianfranco Pirone, botanico dell'Università di L'Aquila, fra i
maggiori esperti della Riserva di Pescara che si trova nel mezzo
di una zona residenziale, con ville e palazzi intorno.
Oggi, presente al sopralluogo fatto da sindaco e assessore
comunale alla Riserva, Pirone ha constatato di persona i danni
causati dalle fiamme, alimentate dal forte vento.
"Non è neppure ragionevole intervenire con l'eliminazione,
anche parziale, del sottobosco (con la realizzazione, ad
esempio, di viali tagliafuoco verdi) - ha spiegato il botanico
-, in quanto, sempre in considerazione delle piccole dimensioni
dei nuclei forestali, si trasformerebbe il bosco da complesso
ecosistema, quale esso è, a semplice insieme di alberi privo dei
caratteri strutturali e funzionali associati agli habitat
forestali".
"Anche l'allontanamento della necromassa va considerato con
attenzione e programmato tenendo conto della opportuna
restituzione di fertilità e degli equilibri nella rete trofica
esistente nell'ecosistema. In conclusione - ha detto Pirone -,
poiché sono da escludere gli incendi spontanei (sono rarissimi
gli inneschi da fulmine o da autocombustione), la lotta contro
il fuoco doloso o colposo nella Pineta deve essere condotta con
un efficace programma di avvistamento e prevenzione, un
affidabile sistema di spegnimento, che in questo caso ha
funzionato, ed una severa azione di repressione".
Riproduzione riservata © Copyright ANSA